Alfredino – Una storia italiana: la serie Sky racconta il dramma che ha cambiato la tv

La serie tv ‘Alfredino – Una storia italiana’ racconta la tragica morte del bimbo caduto nel pozzo nel 1981 che ha cambiato la tv italiana.

Per chiunque sia nato negli anni ’80, la storia di Alfredino Rampi è probabilmente sconosciuta. Nel giugno del 1981, il piccolo Alfredo è finito all’interno di un pozzo artesiano a Vermicino (Frascati). La notizia del dramma si è diffusa in fretta e per la prima volta nella storia della televisione italiana, i tentativi di soccorso furono filmati h24 dalla Rai. Si trattava della prima copertura in diretta continuata di un fatto di cronaca, uno stile giornalistico mutuato dagli Usa che cambiò per sempre il modo di raccontare simili tragedie.

Il bambino, 6 anni, è finito dentro il pozzo il 10 giugno del 1981, e quando la notizia dell’incidente si è diffusa ci fu non solo un grande clamore mediatico, ma anche una grande partecipazione pubblica alle operazioni di soccorso. Persino l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, giunse sul luogo per seguire da vicino le operazioni di salvataggio. Il volontario Angelo Licheri venne calato nel pozzo per raggiungerlo e provo ad assicurarlo ad una fune per trarlo in salvo, ma senza riuscirci. I successivi tentativi furono altrettanto vani ed il 13 giugno il bimbo morì.

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Alfredino – Una storia italiana: la serie tv racconta il dramma che ha cambiato la tv 

A quarant’anni di distanza da quella tragedia, Sky sta trasmettendo una mini serie tv in cui viene raccontata la storia di Alfredino e quella prima cronaca diretta di una tragedia che ha modificato il modo di fare giornalismo televisivo in Italia. Proprio su questo aspetto si sofferma, nella propria rubrica su ‘Nuovo tv‘, Alessandro Cecchi Paone. Nel parlarne spiega come vederla gli abbia fatto provare dolore per il destino di quel bambino, ma lo abbia anche portato a riflettere su come il racconto televisivo in diretta l’abbia trasformata in una specie di spettacolo di intrattenimento.

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Cecchi Paone si concede poi due riflessioni, la prima di natura televisiva e la seconda di natura etica. In primo luogo infatti scrive: “Devo, innanzitutto, registrare ancora una volta che troppe fiction importanti relative alla storia e alla memoria del nostro Paese non vengono prodotte dal servizio pubblico ma da emittenti private straniere. Non va bene”. La seconda riflessione è sulla cronaca in diretta, della quale scrive: “Si tratta di un metodo che non si ferma davanti a niente: sarebbe lesione della libertà d’informazione. Ma da allora quanto dolore e quanta morte ci sono entrati in casa”.

 

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