Elena Ferrante, tutti sanno chi è davvero: perché nessuno lo dice, ecco la verità

Quasi sei anni fa è stata rivelata l’identità che si nasconde dietro al nom de plume di Elena Ferrante, ma i media fanno finta di niente.    

Quasi sei anni fa Claudio Gatti ha pubblicato un’inchiesta giornalistica in cui, dopo aver seguito il flusso degli introiti dei bestseller di Elena Ferrante, ha rivelato che dietro allo pseudonimo si nasconde Anita Raja, traduttrice di Edizioni e/o (l’editore de L’Amica geniale) e moglie dello scrittore Domenico Starnone. Ma quasi nessuno sembra averne preso atto.

elena ferrante

Nel frattempo sono usciti altri libri a firma di Elena Ferrante, nome ormai famoso in tutto il mondo, oltre a dichiarazioni o interviste (rigorosamente via posta elettronica). Perché – domanda Gatti in un nuovo articolo su Tpi – in questi anni i media nazionali e internazionali hanno continuato a stare al gioco, parlando di lei come se la sua identità fosse ancora un mistero, addirittura insinuando che dietro allo pseudonimo ci sia Starnone?

Il (finto) mistero dell’identità di Elena Ferrante

Il punto è che questo “gioco” mediatico ha un costo “letterario”: l’incapacità di collocare la scrittrice italiana vivente più famosa al mondo nel contesto a cui appartiene e arrivare a una piena comprensione o rielaborazione critica compiuta della sua opera. Il tutto ignorando un elemento chiave: l’identità ebraica dell’autrice. Che dal canto suo non ha mai accettato un contraddittorio.

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La madre di Anita Raja era infatti una sarta, e non napoletana ma ebrea, nata a Worms, in Germania, da una famiglia emigrata dalla Polonia, e che parlava italiano con un marcato accento teutonico. Si chiamava Goldi Petzenbaum e la sua storia si intreccia a quella dei pogrom in Polonia, delle persecuzioni naziste in Germania, dei soprusi razziali in Italia e della grande bestia dell’Olocausto che aveva divorato i bisnonni e una decina di altri membri della sua famiglia.

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Goldi, nata nel 1927 a Worms da genitori ebrei fuggiti dalla Polonia, nel 1937 aveva lasciato la Germania con i genitori, trasferendosi a Milano. Il 18 settembre del 1938, dal balcone del municipio di Trieste, Mussolini aveva annunciato i primi “provvedimenti per la difesa della razza”. E dopo l’avvio delle persecuzioni fasciste contro gli ebrei, in particolare stranieri, l’esistenza della famiglia di Goldi era diventata estremamente precaria. Il 15 giugno del 1940, cinque giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il ministero dell’Interno aveva emanato un ordine di arresto per tutti gli ebrei stranieri, all’origine della deportazione della famiglia Petzenbaum nel più grande campo d’internamento per ebrei stranieri d’Italia, quello di Ferramonti (Cosenza).

Lì il nonno della scrittrice, Abraham, detto Wrumek, aveva ricevuto cartoline dal padre, all’epoca chiuso con la madre nel ghetto di Cracovia, da sua sorella Gusta, prigioniera nel ghetto di Tarnow e, dopo che quest’ultima era stata destinata a un campo di sterminio, anche dai suoi figli, Sarah e Joshua. Nessuno di loro è sfuggito all’Olocausto. Prima della liberazione del campo di Ferramonti da parte degli Alleati, Wrumek aveva fatto fuggire Goldi a Milano, da un’amica di famiglia. Dopo la nascita della Repubblica di Salò la stessa Goldi era stata costretta a rifugiarsi in Svizzera, dove rimase fino all’estate del 1945, quando riuscì finalmente a riabbracciare i genitori, stabilitisi a Napoli.

Ma, tornando all’oggi, Elena Ferrante è tuttora nota solo come napoletana, e non come anche ebrea, quale invece è. E nessuno è in grado di spiegarne il motivo…

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