Non andate in pensione quest’anno, è l’anno peggiore: i motivi per non farlo assolutamente

Il 2022 sarà l’anno peggiore per chi decide di ritirarsi dal mondo del lavoro, con l’inflazione alle stelle che erode il valore delle pensioni.  

L’ombra dell’inflazione si allunga anche sulle pensioni. La decima edizione del Global Retirement (GRI) Index 2022 di Natixis IM mette in chiaro che il 2022 potrebbe essere l’anno più difficile per andare in pensione della storia recente, complice il contesto di mercato. Numeri alla mano, i pensionati rischiano non solo di ricavare il reddito da pensione da un patrimonio già impoverito, ma anche di dover assumere maggiori rischi in portafoglio per recuperare il terreno già perso.

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Cosa cambia nel cantiere delle pensioni

Il Global Retirement Index di Natixis IM colloca l’Italia oltre il 25° posto sia per quanto riguarda le condizioni finanziarie in pensione, sia per il benessere materiale dei pensionati. Nella prima metà di quest’anno l’inflazione è aumentata, raggiungendo il 9,6% a maggio, con una rapidità che induce a ripensare i fondamenti stessi della pianificazione pensionistica. I cospicui aumenti dei prezzi del petrolio, dei generi alimentari e delle abitazioni stanno riducendo il potere d’acquisto dei pensionati e impartiscono una lezione economica di fondamentale importanza per quanti stanno pianificando la pensione.

“Se da un lato l’inflazione ha un impatto negativo sui singoli individui, dall’altro alcune istituzioni possono trarne un beneficio indiretto – spiega Marco Barindelli, Responsabile per l’Italia di Natixis Investment Management -. In genere, le pensioni registrano performance migliori nei periodi di inflazione, quando le banche centrali attuano aumenti dei tassi di interesse per contenere l’aumento dei prezzi. Ciò è dovuto all’effetto altalenante che i tassi hanno sui costi delle prestazioni pensionistiche. In parole povere: più alto è il tasso, più basso è il valore attuale delle passività. Ora che i tassi sono aumentati, il valore attuale delle prestazioni si sta riducendo per molti, anche se non tutti gli operatori previdenziali rispondono in egual misura. L’aumento dell’inflazione rende più difficile il confronto con il Tfr; d’altra parte i tassi più elevati consentono, in fase di accumulo, di investire i contributi a rendimenti progressivamente più elevati. Sul versante delle pensioni pubbliche, i conti potrebbero non essere altrettanto semplici, in quanto occorre tenere presente il maggior costo del debito”.

“Le sfide che si stanno affrontando ora e che si affronteranno in futuro sono chiare. Ottenere il giusto pensionamento e contribuire a garantire che gli individui possano vivere con dignità dopo gli anni di lavoro è una questione di sostenibilità fondamentale per la società. Dovranno essere prese decisioni difficili quando i politici cercheranno di conciliare i bilanci con gli impegni per le prestazioni pensionistiche e sanitarie pubbliche. Il successo richiederà uno sforzo concertato da parte non solo dei politici, ma anche dei datori di lavoro, del settore dei servizi finanziari e dei singoli individui. Tutto inizia con la comprensione dei rischi” conclude Barindelli.

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