Incidente funivia, il terribile sospetto di Paolo Mieli: “Attentato contro Israele?”

Analizzando la provenienza e il profilo delle vittime dell’incidente della funivia del Mottarone, lo storico e giornalista Paolo Mieli solleva un dubbio inquietante. 

Tra i 14 morti (su 15 passeggeri) della cabina della funivia del Mottarone caduta drammaticamente sui boschi c’è anche una coppia di origine israeliana. Quella di Amit Biran e Tal Peleg, scomparsi insieme a un figlio e due nonni mentre un altro figlio è ricoverato a Torino in condizioni gravi, è una delle cinque famiglie distrutte. E la provenienza dei malcapitati ha fatto insospettire un giornalista, saggista e opinionista tra i più brillanti e autorevoli in circolazione, ospite di Simone Spetia alla rassegna stampa di Radio 24: che si sia trattato di un attentato?

Indiscrezioni e retroscena sul dramma della funivia di Stresa

“Sono anch’io come tutti sconvolto per l’incidente” ha premesso Mieli, prima di avanzare un “dubbio” a dir poco inquietante: “Per caso c’è anche un’indagine in corso sul fatto che possa essersi trattato di un attentato?”. “No, non mi pare”, ha risposto interdetto Spetia. “Me lo sono domandato – ha spiegato Mieli – perché ho visto che fra i morti c’è la famiglia di un ragazzo israeliano, Amit Biran, che era un capo della sicurezza israeliana. Come sempre in questi casi non ho nessun elemento, ma mi è venuto un dubbio, vista l’intera famiglia sterminata…”.

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Il tutto, naturalmente, alla luce della guerra strisciante in Palestina, con il conflitto armato tra palestinesi ed ebrei israeliani. Ma Affaritaliani.it ha poi precisato Biran non era “capo della sicurezza israeliana”, bensì responsabile della sicurezza della scuola milanese frequentata dai figli (la famiglia risiedeva a Pavia e il marito collaborava con la comunità ebraica di Milano come volontario).

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“I suoi figli frequentavano la nostra scuola – ha poi confermato il presidente della comunità israelita milanese Milo Hasbani – e proprio per questo lui si occupava della sicurezza degli studenti, un servizio che noi chiamiamo protezione civile”. Ma in attesa di saperne di più il sospetto resta.

 

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