Uno bianca, chi sono i fratelli Savi: perché hanno ucciso 24 persone

I fratelli Savi hanno seminato terrore nella Romagna a bordo della famigerata “Uno bianca”. Ecco tutto quel che c’è da sapere su di loro. 

Che fine hanno fatto quelli della famigerata banda che a tra il 1987 e il 1994 commise 103 crimini, soprattutto rapine a mano armata, provocando la morte di 24 persone e il ferimento di altre 102? I componenti della banda armata erano per la maggior parte membri della Polizia di Stato. Vennero tutti arrestati alla fine del 1994 e poi condannati. I processi si conclusero il 6 marzo 1996, con la condanna all’ergastolo per Roberto, Fabio e Alberto Savi, tra gli altri. Conosciamolo più da vicino i tre fratelli che formavano lo “zoccolo duro” della banda.

L’identikit dei fratelli Savi

Roberto Savi, nato a Forlì il 19 maggio 1954, insieme al fratello Alberto fu membro della Polizia di Stato presso la Questura di Bologna, dove al momento dell’arresto rivestiva il grado di assistente capo ed effettuava il servizio di operatore radio nella centrale operativa. Da giovane aveva militato come attivista nell’organizzazione di estrema destra Fronte della Gioventù. Stupì tutti per l’estrema freddezza con cui parlava dei reati più efferati da lui commessi. Alle domande non rispondeva “sì” o “no”, bensì “affermativo” o “negativo”. Il 3 agosto 2006 fece richiesta di concessione del provvedimento di grazia, al tribunale di Bologna, salvo poi ritirare la domanda il 24 dello stessi mese, a seguito del parere sfavorevole espresso dal procuratore generale bolognese Vito Zincani. Il 1º ottobre 2008 si è risposato con una detenuta olandese del carcere di Monza e si trova tuttora in carcere.

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Fabio Savi, nato a Forlì il 22 aprile 1960, dopo la condanna all’ergastolo fu trasferito nel carcere di Sollicciano a Firenze, e in seguito in quello di Fossombrone a Pesaro. Il 24 settembre 2009, dopo circa un mese di sciopero della fame presso il carcere di Voghera, fu ricoverato all’ospedale della città per motivi clinici. Aveva protestato per chiedere il trasferimento in un carcere più vicino alla sua famiglia e la possibilità di lavorare per provvedere alle necessità di quest’ultima. Il 4 gennaio 2010 fu trasferito nel carcere di massima sicurezza di Spoleto. Nell’ottobre del 2014 chiese di poter usufruire a posteriori del rito abbreviato, onde tramutare l’ergastolo in trent’anni di carcere, ma la richiesta venne respinta il 3 dicembre 2014 dalla Corte d’Assise di Bologna. Anche lui è tuttora detenuto.

In un’intervista riportata nel programma televisivo Blu notte – Misteri italiani di Carlo Lucarelli, Fabio Savi negò che dietro la banda si celassero in realtà i servizi segreti: “Dietro la Uno bianca c’è soltanto la targa, i fanali e il paraurti. Basta. Non c’è nient’altro”, disse. Nel 2001 lo stesso Fabio Savi concesse un’intervista al programma di Rai 3 Storie maledette nella quale dichiarò che il movente delle attività criminali della banda era procurarsi denaro.

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Quanto ad Alberto Savi (Cesena, 19 febbraio 1965), debole di carattere, subì la personalità più forte e dominante dei due fratelli maggiori. Il 23 ottobre 2010 chiese di poter uscire dopo sedici anni scontati in carcere, ma solo nel febbraio 2017 ha potuto beneficiare di un permesso premio per far visita alla madre ricoverata in gravissime condizioni di salute. Dal 2019 usufruisce invece di un permesso premio per le vacanze natalizie.

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