Serena Mollicone, chi era la 18enne uccisa ad Arce: i misteri irrisolti

Serena Mollicone è la vittima di un omicidio noto alle cronache come “delitto di Arce”. Ecco tutto quel che c’è da sapere su di lei. 

Serena Mollicone scomparve da Arce, in provincia di Frosinone, il 1º giugno 2001: aveva 18 anni e fu ritrovata morta due giorni dopo in località Fontecupa, nel boschetto dell’Anitrella. Vent’anni dopo i responsabili non sono stati ancora condannati, nonostante le tante persone indagate. Conosciamo più da vicino questa sfortunata ragazza.

L’identikit di Serena Mollicone

Serena Mollicone era nata ad Arce il 18 novembre 1982. Frequentava l’ultimo anno del liceo socio-psico-pedagogico “Vincenzo Gioberti” di Sora e suonava il clarinetto nella banda del paese. La madre era morta per una grave malattia quando aveva 6 anni, il padre Guglielmo era un insegnante elementare e gestiva una cartolibreria nel paese, mentre sua sorella Consuelo, di 28 anni, viveva a Como dove lavorava come insegnante elementare. Nei mesi precedenti il suo omicidio Serena aveva frequentato il 26enne Michele Fioretti.

La mattina del venerdì 1º giugno 2001 Serena è uscita di casa per recarsi all’ospedale di Isola del Liri, a 10 km dal paese, dove aveva effettuato un’ortopanoramica. Dopo la visita medica, terminata alle 9:30, si è recata in una panetteria nei pressi della stazione, dove ha comprato quattro pezzi di pizza e quattro cornetti, lasciando presumere che dovesse incontrare delle persone. L’ipotesi è che successivamente abbia preso l’autobus per Arce. L’ultimo avvistamento sarebbe avvenuto in piazza Umberto I, la piazza principale del paese. Serena, il cui rientro a casa era previsto per le ore 14, quel giorno doveva incontrare il suo ragazzo e nel pomeriggio avrebbe dovuto completare la tesina per l’esame di maturità.

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Il suo cadavere è stato ritrovato verso le 12:15 di domenica 3 giugno 2001 da una squadra della Protezione Civile nel boschetto di Fonte Cupa ad Anitrella, frazione di Monte San Giovanni Campano a 8 km da Arce, in una zona già ispezionata il giorno precedente da alcuni Carabinieri, che però non notarono nulla. Il corpo era stato adagiato in posizione supina in mezzo ad alcuni arbusti, coperto con rami e fogliame, e nascosto dietro un grosso contenitore metallico abbandonato. La testa, su cui era presente una vistosa ferita vicino all’occhio sinistro, era stata avvolta in un sacchetto di plastica, mentre le mani e i piedi erano legati con scotch e fil di ferro. Naso e bocca erano stati avvolti da diversi giri di nastro adesivo. Probabilmente è morta per asfissia dopo una lunga agonia.

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Secondo l’ipotesi accusatoria, a seguito degli accertamenti del RIS svolti quasi vent’anni dopo i fatti, Serena è stata uccisa all’interno della caserma dei carabinieri di Arce. Basandosi su tali risultanze probatorie, nell’aprile 2019 la Procura della Repubblica di Cassino ha chiuso le indagini preliminari notificando il relativo avviso agli indagati: 5 persone, di cui 3 carabinieri. A luglio 2019 la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio degli indagati (richiesta poi accolta un anno dopo). Nel frattempo, il 31 maggio 2020, Guglielmo Mollicone è morto all’ospedale Spaziani di Frosinone dove era in coma dal 27 novembre 2019 in seguito a un infarto.

Nel dettaglio, l’ex comandante della stazione dell’Arma di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Annamaria sono stati accusati di omicidio aggravato e occultamento di cadavere, l’appuntato scelto Francesco Suprano di favoreggiamento personale in omicidio volontario e il luogotenente Vincenzo Quatrale di concorso in omicidio volontario e istigazione al suicidio di un collega brigadiere, Santino Tuzi. Serena sarebbe andata nella caserma di Arce per denunciare un giro di spaccio di droga, accusando in particolare Marco Mottola, e lì avrebbe trovato la morte.

Dopo anni di indagini, rilievi e perizie, il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo si è convinta che Serena nel giorno della sua scomparsa si sia recata presso la Caserma dei Carabinieri, che abbia avuto una discussione con Marco Mottola e che sia stata stata aggredita in un alloggio in disuso di cui aveva disponibilità la famiglia dell’allora comandante. La giovane avrebbe battuto con violenza la testa contro una porta e l’omicida, credendola morta, l’avrebbe portata in un boschetto. Poi, accortosi che respirava ancora, l’avrebbe soffocata e avrebbe messo in atto una serie di depistaggi che hanno fatto di questa drammatica vicenda un mistero tuttora irrisolto.

 

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